Lettera aperta al Sindaco Filippeschi sugli sgomberi della Limonaia e di via Garibaldi
In queste settimane abbiamo vissuto con grande sorpresa, amarezza e profonda preoccupazione gli sgomberi della Limonaia e dell'immobile di via Garibaldi. Quei luoghi, occupati pacificamente dopo la manifestazione dell'8 marzo da un gruppo di giovani donne, erano due spazi del patrimonio pubblico abbandonati da anni con grande danno per tutta la città. Grazie all’impegno di tante giovani donne e uomini erano tornati finalmente ad essere aperti e fruibili, luoghi di confronto, creatività e socialità per le donne della città e non solo.
La Limonaia e il suo giardino erano stati sistemati e restituiti agli abitanti del quartiere e ospitavano quotidianamente associazioni, gruppi di cittadine e cittadini interessati a lavorare su temi importanti: dalla sessualità alla contraccezione, dall'obiezione di coscienza all'interruzione di gravidanza. Questa esperienza è stata brutalmente interrotta il 3 maggio.
Anche lo stabile di via Garibaldi, da tempo in stato di abbandono e degrado, era stato ripulito - con grande soddisfazione di chi vi abita vicino - e trasformato in uno spazio pubblico e in un luogo di ospitalità per le donne che si trovassero in una situazione di disagio abitativo. Tuttavia anche questo edificio è stato sgomberato con grande dispiegamento di forza pubblica, blocco di via Garibaldi per ore e, quello che è più grave, in modo molto violento: cariche e manganelli, insulti sessisti, donne colpite e ferite, una è addirittura finita al pronto soccorso. Il tutto in orario scolastico e nelle vicinanze dell'Istituto Alberghiero, dove gli studenti e le studentesse hanno visto persone in divisa, che dovrebbero garantire la sicurezza, agire con violenza gratuita e immotivata su persone inermi, soprattutto donne, che protestavano pacificamente.
Per noi che, insieme alla rete Educare alle differenze, conduciamo programmi educativi nelle scuole parlando di diritti, rispetto e non violenza, tutto questo è inaccettabile e vergognoso. Chiediamo al Prefetto e al Questore di spiegare i motivi di questa scelta, che certo non è stata dettata dalla sicurezza!
Una risposta ottusa e repressiva, che ferisce la città e ignora quello che negli ultimi mesi è accaduto a Pisa e in tutta Italia: la nascita con “Non una di meno” di un grande movimento femminista che per la prima volta ha visto tante giovani donne mobilitate e ha messo in dialogo associazioni, realtà cittadine ed esperienze diverse sul tema della violenza, dei diritti e della libertà delle donne.
Come è possibile, caro Sindaco, che di fronte ad un movimento cittadino così ampio e nuovo, che pone problemi concreti che riguardano in primis le donne e i diritti su sessualità, aborto, violenza, casa, lavoro, non ci sia ascolto da parte di chi amministra questa città? Come è possibile che da settimane tantissime persone si incontrino in assemblea sotto le Logge davanti ad un Comune chiuso e con le forze di polizia a difenderlo? Come è possibile che né lei né la giunta abbiate desiderio di ascoltare e capire cosa abbiano da dire tutte quelle persone riunite proprio sotto quella che dovrebbe essere la “casa comune” di tutte le cittadine e i cittadini di Pisa?
Forse erano davvero altri tempi quando nel 1981 occupammo la palazzina di via Galli Tassi. Poco dopo vennero a parlare con noi l’allora Presidente della Provincia Fausta Giani Cecchini e l’assessora alle Pari opportunità Patrizia Dini e con l’amministrazione iniziammo una lunga trattativa per avere quella che dall’8 marzo 1990 è diventata la Casa della Donna.
Da allora abbiamo continuato a dialogare, a confrontarci con le istituzioni cittadine, talvolta con fatica e conflitti, ma convinte che un punto di incontro si possa e si debba sempre trovare. E in questi anni lo abbiamo trovato anche con la sua amministrazione che ci ha garantito l’uso della sede di via Galli Tassi e con la quale da tempo collaboriamo, nel rispetto dei ruoli, sui temi della violenza e dei diritti delle donne.
Noi crediamo che quel confronto e dialogo ci debba essere anche in questo caso, che non possa venir meno e lasciare il posto a violenza e repressione. È dovere dell’istituzione pubblica e della politica ascoltare, dare risposte ai bisogni, rendere concreti i diritti. Ecco perché, caro Sindaco, la invitiamo ad aprire le porte del Comune e ascoltare.
Nella foto un momento dell'assemblea che si è svolta alle Logge dei Banchi dopo lo sgombero dello stabile di via Garibaldi. Foto di Limonaia - Zona Rosa.